venerdì 28 maggio 2010

La comunicazione politica

Informatica Applicata al Giornalismo - VII lezione

Dopo aver parlato di comunicazione istituzionale e comunicazione di prodotto è giunto il momento di analizzare lo spartiacque fra questi due tipi di comunicazione, ovvero la comunicazione politica: un campo in costante evoluzione.
La comunicazione politica mira, innanzitutto, al consenso, che non sempre, però, è un consenso politico. Bisogna tener ben presente che con comunicazione politica non ci si riferisce solo al Presidente del Consiglio, al Parlamento o al sindaco di un dato comune, il termine va compreso in un'accezione più ampia: per gli antichi greci politico era, infatti, tutto ciò che riguardava la polis, quindi gli interessi della comunità. In questi termini anche il presidente dell'Avis, ad esempio, potrebbe fare comunicazione politica, anche se lui la intenderebbe come forma di comunicazione istituzionale.
Anche in politica si vende un prodotto. Però, a differenza della comunicazione di prodotto che è emozionale, quella politica è connessa alla logica della parola, vuole proporre un ragionamento. Un cartellone 6x3 inneggiante uno slogan non è comunicazione politica, ma marketing politico, quindi è qualcosa di profondamente emozionale e poco stimolante dal punto di vista intellettuale.
Per far comunicazione politica bisogna tener presente che la politica è tutta uguale e i canoni di comunicazione sono identici. In altre parole, le regole sono le medesime ma i politici no, e proprio per questo hanno bisogno di regole declinate ad hoc, senza mai dimenticare le fondamentali: competenza, capacità di persuasione e comunicazione, e pulizia d'immagine.
Vediamo ora alcuni modelli di riferimento:

  • Barack Obama, eletto presidente degli Stati Uniti il 4 novembre 2008, è ripetitivo, non parla "benissimo" (per essere ai massimi livelli) però sa attirare l'attenzione. Ha vinto anche grazie all'immagine vincente della sua famiglia, una famiglia stile "Mulino Bianco": la moglie Michelle, rotonda e onnipresente, le figlie piccole, la suocera in casa, l'orto pseudo biologico in giardino... Di lui si dice che abbia vinto grazie al tam tam di consensi in rete, in realtà le prime elezioni americane vinte sfruttando internet sono state quelle del primo mandato di George W. Bush (2000-2004). E' innegabile, però, che le nuove tecnologie abbiano giocato un ruolo fondamentale, tant'è vero che Obama si circonda di una squadra di 160 persone composta in maggioranza da informatici (ha chiamato persino l'ex manager di Google) e webwatchers (internauti costantemente a caccia di notizie). In generale, però, chiunque aspiri ad incarichi politici di prestigio deve servirsi di un'organizzazione forte, in grado sia di far propaganda che di recuperare fondi e materiali, che, all'occorrenza, di spiare gli avversari. Figure fondamentali sono: 1. i consiglieri 2. i comunicatori 3. gli attivisti 4. gli analisti 5. i tecnici informatici (vere e proprie spie). Sono questi ultimi il vero ago della bilancia, visto che la prima cosa che un politico deve fare per vincere è demolire l'avversario e quale modo migliore se non quello di investigare nel suo passato studiando i documenti e magari i dossier in rete? Sempre considerando attentamente il confine fra lecito e illecito, in quanto negli USA non si è mai feroci al di là della legge. E questo principalmente per ragioni etiche: gli States sono un paese protestante che non ama le bugie. Fa da monito il SexGate che è costato la rielezione del presidente Clinton, a cui la gente non ha perdonato, non tanto la laison con Monica Lewinsky, bensì l'aver mentito al Paese negando l'evidenza. Sempre il caso Lewinsky offre un altro spunto di riflessione: a sollevare per primo il polverone fu un blog, il Drudge Report e fu una vera rivoluzione, sia perchè si trattava (e si tratta) di un blog fuori dagli schemi, con un lessico audace e ai limiti del consentito, ma soprattutto perchè non era un giornale ufficiale e per di più era in rete ed era solo il 1998, internet era appena nata.

  • Nicolas Sarkozy, presidente francese dal 2007, ha "drogato" il suo popolo con il culto della personalità (tipico, storicamente, dei francesi), ma si è discostato molto dai suoi predecessori: Jacques Chirac e François Mitterrand. Con lui si è reso evidente come la costruzione del modello del leader politico sia più importante del leader stesso. Ha usato benissimo le risorse tecnologiche per arrivare all'Eliseo e malissimo per governare. Difatti, molto probabilmente, non verrà rieletto, almeno stando ai sondaggi.

  • David Cameron dallo scorso 11 maggio è il Primo Ministro del Regno Unito. I laburisti non potevano continuare a vincere, specie dopo i dieci anni di governo Blair e il conseguente dissesto finanziario. Inoltre Gordon Brown dal punto di vista mediatico non funzionava: non era in grado di emozionare la gente e, soprattutto, era portatore di un'etica politica da molti ritenuta simile a quella di Tony Blair. Cameron ha usato un unico modello comunicativo in campagna elettorale: ha sfruttato la tv, sempre e solo la tv, finendo con l'esagerare. E ciò ha reso possibile l'avvicinarsi del liberal democratico Nick Clegg, l'attuale vice premier, forte della maggioranza relativa alla Camera dei Comuni. Essendo i fatti così recenti non si sa ancora quale strategia comunicativa adotteranno per governare, però una cosa è certa: per fronteggiare le loro enormi differenze punteranno ad una comunicazione patriottica del tipo: "Ci allontaneremo sempre più dall'Europa","Non adotteremo mai la moneta unica", "Manderemo truppe solo dove vorremo noi" e così via...

  • La situazione tedesca è, invece, differente poichè differente è il background del paese. La Germania soffre un notevole digital divide. Mentre l'ex Germania dell'Ovest corre, la DDR è arretratissima. Ciò ha determinato la scelta della cancelliera Angela Merkel di puntare su una "non comunicazione": se sfruttasse il web, ad esempio, metà tedeschi rimarrebbero all'oscuro delle sue azioni.

  • E ora veniamo all'Italia, paese indietrissimo dal punto di vista comunicativo rispetto a USA, Regno Unito e Francia. In Italia non ci sono figure chiave come analisti, webwatchers e surfer. E questo non per mancanza di devices, ormai il gap tecnologico è colmabile nel giro di pochissimo tempo, ma per mancanza di vere e proprie figure professionali. Bisogna iniziare a fare formazione. Il connubio vincente è dato dalla logica unita all'emozione. Non basta, allora, avere a disposizione dei tecnici informatici (solo logica), ma bisogna unirli all'emozione che sanno suscitare i comunicatori, gli analisti, i profiler, che, su una serie di dati oggettivi incardinano l'esperienza soggettiva. In Italia, poi, mancano dei veri editori, sostituiti da degli azionariati molto particolari che fanno capo ad imprenditori maggiormente legati al mondo della finanza, dell'energia, dell'edilizia piuttosto che dell'editoria vera e propria: ne sono un esempio il gruppo editoriale L'espresso, RCS e il gruppo Caltagirone. La stesa cosa vale per le tv che, al di fuori del servizio pubblico, sono in mano a De Benedetti, alla Telecom o alla famiglia Berlusconi. E sempre Berlusconi bisogna menzionare se si vogliono analizzare le strategie comunicative del centro-destra, sicuramente migliori (o meglio, di maggior presa) rispetto a quelle della sinistra. E questo perchè la comunicazione di destra è: 1. più emotiva 2. stratificata, riesce a raccogliere il consenso di più classi sociali 3. rassicurante e positiva sempre e comunque 4. codificabile, usa parole chiave, codici che sono sempre gli stessi negli anni. Anzi, si può dire addirittura che i leader si approprino di alcune parole rendendole altamente connotative nel tempo, ad esempio: "Italia" se pronunciato da Berlusconi richiama alla mente "Forza Italia", così come "Libertà" diventa "Popolo della Libertà", o "Federalismo" fa pensare subito alla Lega. Per il centro-sinistra, al contrario, la politica viene prima di tutto, anche nella comunicazione. Fare politica vuol dire responsabilizzarsi e responsabilizzare, e ciò implica dare al cittadino molti messaggi (puramente politici) che spesso, però, confondono l'elettore che è interessato solo fino ad un certo punto alla politica. Ma ciò che non va mai dimenticato è che il linguaggio politico non deve essere semplice, bensì chiaro.

Infine una precisazione: chi sono i portavoce? E gli spin doctor?

I portavoce sono coloro che riportano in modo referenziale il messaggio del leader. Hanno la delega per rappresentarlo. Ma, soprattutto, sono coloro in grado di interpretare il messaggio del leader senza possederne la valenza politica. Ciò implica che possono essere smentiti, anche dal leader stesso, se le cose non vanno nella direzione programmata.

Gli spin doctor sono, invece, dei consiglieri strategici. La loro attività ruota intorno all'immagine e alla comunicazione. Devono essere in grado di pensare come scrivono e comunicano gli "avversari" prima di scrivere e comunicare loro. Sono, quindi, figure fondamentali e richiestissime, capaci di modificare il corso della politica e, ovviamnte, della storia.

mercoledì 26 maggio 2010

La mission (non impossible) dei siti internet

In un testo scritto vi soffermate più sulla forma o sul contenuto? Ecco, la stessa cosa vale per i siti web. Anzi, vale soprattutto per i siti web, sia che vendano un prodotto o che vendano un'idea. Da un punto di vista estetico i più apprezzati sono quelli che mantengono un layout semplice, che non ostentano grandi risorse grafiche e non riempiono le pagine con animazioni, gadget o musiche più o meno fastidiose. L'utente deve essere in grado di accedere facilmente alle varie pagine tramite menu intuitivi e senza distrarsi troppo, specie se deve trovare qualcosa o fare acquisti on-line. Ma, soprattutto, un buon sito deve fornire recapiti, referenze ed esplicitare la mission.
Vale la pena ricordare che con mission si intende lo scopo ultimo di un'impresa o di un'organizzazione. Quindi la mission è sia ciò che giustifica l'esistenza stessa di un'impresa che ciò che la contraddistingue da tutte le altre.
Proviamo, allora, a rintracciare la mission nella parte istituzionale di tre siti, molto diversi fra loro: http://www.pinko.it/, http://www.carli.com/ e www.arpa.emr.it/.
Nell'homepage del marchio di abbigliamento fidentino Pinko, oltre alla possibiltà di perdersi nelle foto e nei video delle varie collezioni o nell'infinito e dettagliatissimo e-shop, troviamo in basso a destra l'about us che ci ricorda la nascita della ditta, avvenuta negli anni '80 da un'idea di Pietro Negra e Cristina Rubini, ed esplicita fin dalle prime righe (di un testo però lunghissimo e scritto a caratteri minuscoli) la vera identità del brand: Pinko è "un'alternativa alle griffe just under the top che permette di fornire collezioni di qualità, di alto contenuto stilistico, aderenti al gusto del mercato ma a prezzi competitivi". Competitivi al punto che, se in un periodo di crisi economica come quello che stiamo attraversando, le maison d'alta moda vantano tutte bilanci più o meno in rosso la Pinko vuole proporsi (e c'è riuscita) come una valida alternativa, tant'è vero che per le sue campagne pubblicitarie è riuscita ad ingaggiare top e star di fama mondiale: da Naomi Campbell a Eva Herzigova, da Elle Mc Pherson a Mariah Carey.
Sito totalmente diverso, molto più ricco e articolato (come dimostra l'indice), è quello dei Fratelli Carli, produttori dell'omonimo olio, anzi de "l'Olio di qualità direttamente a casa tua dal 1911" così come campeggia nell'hompage direttamente sotto il logo. Basta questo script per sintetizzarne perfettamente la mission: un'azienda moderna, rimasta inalterata nei valori e nella produzione di un olio di qualità, in grado, da quasi un secolo, di consegnare a domicilio il proprio prodotto a centinaia di migliaia di famiglie clienti.
Cambiamo ora versante per tuffarci, invece, in una realtà pubblica: l'Arpa Emilia-Romagna, ovvero l'Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente dell'Emilia-Romagna. Il sito è ben strutturato e diviso in sei aree tematiche che permettono al cittadino di fare ricerche, di approfondire i principali temi ambientali, di essere aggiornato sulle comunicazioni dell'Agenzia, di accedere facilmente alle varie sezioni provinciali e soprattutto di vedere cos'è l'Arpa e com'è organizzata. Difatti la mission è esplicitata nel chi siamo e può essere sintetizzata nel "presidiare i controlli ambientali per la sostenibilità ambientale, la tutela della salute, la sicurezza del territorio e la valorizzazione delle risorse". Ma, soprattutto, essendo un'agenzia regionale e non privata cerca di mostrarsi il più trasparente possibile offrendo link come Trasparenza valutazione e merito, Incarichi esterni e il Tariffario ARPA.
Internet si presta ad operazioni di questo genere, essendo, strutturalmente, più trasparente di altri mezzi di comunicazione quali tv, radio e giornali, in quanto è in grado di offrire una tracciabilità e una possibilità di confronto che agli altri media risulta se non impossibile quantomeno molto più macchinosa e realizzabile in tempi diversi e con minori possibilità di interazione.
Caro Tom, vorrà dire che per una volta faremo senza di te: svelare la mission sul web non è poi così impossible.

martedì 25 maggio 2010

L'informazione che diventa comunicazione

Informatica Applicata al Giornalismo - VI lezione

Nell'odierno sistema di informazione fare il comunicatore vale più che fare il giornalista. Può sembrare un controsenso ma, oggi, il comunicatore gode di maggior libertà rispetto al giornalista. Il comunicatore dà per scontati i condizionamenti mentre il giornalista crede, sbagliando, di avere come unici referenti i lettori quando invece deve sottostare anch'esso a vari condizionamenti, magari non diretti, ma comunque indotti, in primis dalle circostanze.

Ecco allora che l'informazione tende sempre più a trasformarsi in comunicazione. Se un tempo informare prevedeva un'offerta generale di notizie prive di un interesse diretto da parte di chi le produceva, oggi si tende a comunicare, cioè a farsi portatori di un interesse particolare, quasi speculativo. Fare il comunicatore, infatti, significa avere una committenza attraverso la quale si cerca di raggiungere un risultato che sia il più positivo possibile per il committente.

Il buon comunicatore deve saper dare dati qualitativi e non deve mai avocare in modo personale le informazioni. Ma soprattutto deve essere in grado di comunicare qualunque cosa cercando di dissimulare gli aspetti negativi ed evidenziando quelli positivi.

Esistono diversi tipi di comunicazione, vediamone tre: quella istituzionale, quella di prodotto e quella pubblicitaria.

La comunicazione istituzionale riguarda l'identità di una realtà. E’ tutto ciò che identifica l’immagine e le attività di un dato ente, indipendentemente da un risultato economico. La comunicazione istituzionale serve a mettere in risalto:

  • un valore sociale (come nel caso della pubblicità progresso)
  • il rispetto della trasparenza e dalla diffusione delle informazioni (come qualsiasi realtà pubblica dovrebbe fare)
  • la qualità percepita di una realtà commerciale (o comunque legata al profitto, quindi di un'attività privata).

Per comprendere al meglio i vari aspetti della comunicazione istituzionale è bene metterla in relazione con la comunicazione di prodotto, la quale non è detto che sia esclusivamente privata, ma può essere fatta anche da enti pubblici: il risultato in questo caso non è il profitto, bensì il consenso. Spesso, poi, comunicazione istituzionale e comunicazione di prodotto si confondono. E questo succede per:

  • opportunismo,
  • cattiva professionalità,
  • mancanza di regole rispettate,
  • confusione nel sistema d'informazione.

Inoltre, non bisogna dimenticare che un versante della comunicazione di prodotto è costituito dalla comunicazione pubblicitaria e che la stessa comunicazione pubblicitaria quando è realizzata per fini sociali può essere iscritta di diritto nella comunicazione istituzionale. Il vero distinguo, allora, è dato dalla chiarezza, dalla trasparenza, che internet, rispetto agli altri media, è in grado di offrire all'utente. Non si può risalire direttamente al confronto ma si può intraprendere un percorso di verifica delle informazioni.

La comunicazione istituzionale privata deve tenere alti i livelli del brand, quella pubblica deve mettere a disposizione della collettività una serie di informazioni, di servizi e di mezzi di controllo. Se nella prima non si presta molta attenzione alle regole del web, nella seconda vanno invece assolutamente rispettate usabilità, accessibilità, interattività, trasparenza.

La comunicazione istituzionale è una sorta di comunicazione corporate. Nel settore pubblico e in quello privato sono fatte nella stessa maniera, come si evince dal post successivo.

Le mappe dei siti degli enti pubblici si sviluppano in orizzontale e presentano alberi di navigazione molto più pesanti di quelli del settore privato e molto più complicati e contorti rispetto alle realtà pubbliche straniere. Perfetta trasposizione sul web di come sia più complicata la pubblica amministrazione italiana.

Vediamo alcuni esempi:
  • Il sito della Camera dei Deputati ( http://www.camera.it/). Le notizie proposte sono brevi e già scritte in forma giornalistica in modo da facilitare il copia-incolla per i giornali on-line. La struttura del sito risulta antiquata e manca totalmente l'interattività, caratteristica invece fondamentale.
  • Il sito del governo spagnolo (http://www.la-moncloa.es/) salta i fronzoli, appare come un giornale vero e proprio. Offre tantissime notizie ed è come se volesse saltare la mediazione degli altri media per arrivare direttamente al cittadino. La mappa è sintetica e impeccabile.
  • Il sito del governo francese (http://www.elysee.fr/) invece è un sito immaginifico. Dà emozioni, non informazioni. C'è poco testo e abbondano le immagini. Lo scrolling è, però, uguale a quello dei giornali on-line. Lodevole la possibilità di comunicare direttamente col governo.
  • Simile a quello francese è il sito del governo britannico (http://www.number10.gov.uk/). Voluto così da Blair e mantenuto tale da Brown. Ora la svolta spetta a Cameron.
  • Infine ecco la perfezione: il sito della Casa Bianca (http://www.whitehouse.gov/). E' il migliore per quanto riguarda l'accessibilità e l'interattività. Il video inserito nell'homepage sintetizza in soli sei minuti i fatti più importanti della settimana. E forse sintetizza anche quello che sarà il futuro del giornalismo.

lunedì 24 maggio 2010

Cos'è Google?

La domanda è banale e la risposta è scontata. Scontata per tutti, anche per chi non usa il computer. L'era digitale è arrivata e ha travolto tutto. Il nostro gergo quotidiano si è arricchito di nuove parole, nuove espressioni (spesso mutuate dalla lingua inglese) di cui magari si ignora il vero significato ma che risulta impossibile non usare. Così, dai vecchi ai bambini, tutti sanno che cosa è Google. E tutti sbagliano. Perchè se è vero che oggi non si dice più "cerco qualcosa su internet" ma, "cerco qualcosa su Google", beh solo pochi sono a conoscenza dei suoi meccanismi fondanti.
Difatti, Google è solo apparentemente un motore di ricerca. E' il suo servizio di facciata quello di essere in grado di trovare (gratuitamente) risultati in pochi secondi, ma, in realtà, i servizi che gli permettono di essere un colosso mondiale sono, invece, tutti a pagamento.
Google è difatti una multinazionale quotata in borsa, con un gran numero di azionisti e votata ovviamente al profitto: offre servizi per internet e attraverso internet con browser, piattaforme e applicazioni.
Ma quando è nato Google? Google nasce il 27 settembre 1998 dall'idea di due studenti di Stanford, Larry Page e Sergey Brin, che volevano creare un motore di ricerca basato sull'analisi matematica delle relazioni tra siti web. Nel 2003 la Microsoft contatta l'azienda per una possibilie fusione. Ma Google rifiuta per cedere nel gennaio dell'anno successivo all'accordo con Morgan Stanley e Goldman Sachs Group. La quotazione inizia con cifre da capogiro: 2 miliardi di dollari soltanto il primo giorno, una cifra destinata ad aumentare negli anni.
Da dove ottiene il maggior ricavo? Sicuramente dalla pubblicità, ovvero all’accoppiata AdWords/AdSense.
Google svolge un vero e proprio lavoro di intermediazione, mettendo in contatto l’inserzionista (che acquista annunci pubblicitari tramite AdWords) e l’editore (che ospita gli annunci AdSense sul proprio sito web), e si tiene una percentuale sull’investimento pubblicitario.
Ma i servizi a pagamento sono anche altri come: Analytics: servizio di analisi dei dati che consente di ottenere informazioni dettagliate sul proprio sito web e sull'efficacia delle campagne di marketing; Apps: servizio che combina Gmail, Google Calendar, Google Documenti, Google Gruppi, Google Sites, Google Video in una singola offerta; Checkout: servizio che aiuta a semplificare il processo di pagamento per acquisti online; Earth Enterprise: servizio che consente ai dipendenti dell'organizzazione di accedere e di utilizzare le immagini, le fotografie aeree e gli altri dati geospaziali aziendali; Earth Pro: servizio che offre agli utenti aziendali una serie di strumenti avanzati per importare dati, misurare distanze e stampare immagini ad alta risoluzione completamente integrati in Google Earth; Maps API Premier: servizio che consente di aggiungere facilmente le mappe interattive di Google Maps ai propri siti web interni e pubblici; Postini: servizio di protezione delle e-mail e archiviazione; Site Search: casella di ricerca di Google sul proprio sito web per consentire ai potenziali visitatori e clienti di trovare informazioni all'istante (http://www.google.it/services/).
Abbagliati da una riuscitissima strategia di marketing volta ad esaltare i servizi gratis, i più non sanno che Google è anche tutto questo. Ma Google, soprattutto, è un colosso e come tale detiene sia il monopolio delle ricerche sul web (col conseguente rischio di un appiattimento della pluralità dei punti di vista) che il monopolio pubblicitario: ha acquisito o fatto chiudere i suoi principali concorrenti in questo campo, tanto che è anche finito sotto il mirino dell’Antitrust in seguito alla denuncia della Fieg.
Ma uno degli aspetti che più hanno impegnato gli avvocati della multinazionale di Mountain View è sicuramente quello relativo alla violazione della privacy, in quanto Google conserva per lunghi periodi informazioni relative alle ricerche dei propri utenti. Inoltre, numerosi problemi sono sorti anche relativamente a Street View che, inserendo foto delle varie strade del mondo all’interno di Maps, registra ovviamente anche gli ignari passanti. Senza contare che qualche giorno fa, poi, lo stesso Google ha ammesso che questa applicazione ha registrato per errore dati wi-fi privati.
Ecco allora che affiorano ombre su un'invenzione che è indubbio...ha cambiato le nostre vite.

eBook, eReader, iPad: la rivoluzione tecnologica

Il settore dell'editoria libraria sta cambiando. Se ne è molto discusso anche all'edizione 2010 del Salone Internazionale del Libro di Torino.
Non fa più notizia la qualità dei libri. Oggi ci si concentra, soprattutto, sui nuovi supporti elettronici che stanno per invadere anche i nostri mercati.
Cerchiamo, allora, di fare un po' di chiarezza: il termine eBook (altrimenti scritto e-book oppure ebook) deriva dalla contrazione delle parole inglesi "electronic" e "book" e viene utilizzato per indicare la versione in digitale di una qualsiasi pubblicazione. Più in generale, si tratta di un file consultabile sia su computer che su telefonini di ultima generazione, palmari ed appositi lettori digitali. Quest'ultimi, in particolare, prendono il nome di eReader o eBook reader (lettori di eBook) e sono dispositivi elettronici portatili, che permettono di caricare un gran numero di testi in formato digitale (eBook appunto) e di leggerli analogamente ad un libro cartaceo. Sono dispositivi studiati quasi esclusivamente per la lettura di testi, e sono dotati di schermi retroilluminati con tecnologia e-ink (disponibile sia in toni di grigio che, ormai, anche a colori). Questa caratteristica rende la lettura di un ebook su un dispositivo e-ink simile a quella di un normale libro, e decisamente meno stancante per la vista rispetto ad un dispositivo con schermo LCD.
L'iPad, invece, è un tablet computer prodotto da Apple in grado di riprodurre contenuti multimediali e di navigare su Internet. Lo schermo è di 9,7 pollici, completamente multi-touch e retroilluminato a Led. A giugno arriverà anche in Italia con un prezzo lancio di soli 499 Euro e promette di cambiare il modo di essere connessi alla realtà, grazie ad una grandissima capacità di memoria, grande fruibilità e una qualità eccelsa delle immagini e dei video. Nostalgici della carta stampata preparatavi: è solo il primo modello.

domenica 23 maggio 2010

Il giornalismo internazionale sul web

Informatica Applicata al Giornalismo - IV lezione (prof. Ferrandi)



...Saltata...

giovedì 20 maggio 2010

I contenuti editoriali sul web devono essere a pagamento?

Informatica applicata al Giornalismo - V lezione

Il tema è controverso e ha offerto lo spunto per un dibatito, ormai animatissimo, che si è sviluppato a partire da un paio d'anni, in concomitanza con l'acuirsi della crisi economica che ha colpito, inesorabilmente, anche il mondo dell'editoria. E' diminuita la pubblicità sui giornali, sono calate (e in molti casi ritirate del tutto) le copie diffuse gratuitamente e i debiti sono ovviamente aumentati. Con conseguenze anche per il giornalismo on-line. Per avere il bilancio in attivo sembra che l'unica soluzione sia allora quella di far pagare i contenuti editoriali sul web. In quest'ottica le flash news possono sì essere gratis ma i commenti, gli approfondimenti e gli articoli
veri e propri no, pena l'insostenibilità del meccanismo.
Ma affrontando la questione non si possono tralasciare i risvolti etici scaturiti da due semplici domande: Se il giornalista sa che il suo contributo editoriale non viene pagato sul web, cambierà il suo modo di scrivere? Sarà più approssimativo e meno professionale, anche rispetto alla forma e al modo di impostare l'articolo?
Sicuramente si è sbagliato all'inizio, quando il giornalismo on-line muoveva solo i primi passi e gli editori si sono lanciati in una gara senza regole a chi offriva il maggior numero di servizi, foto, filmati, interviste, blog e quant'altro, ovviamente gratis. E se è vero che internet è prevalentemente gratuita (il costo è quello di connessione alla banda) bisogna altresì ammettere che la filosofia, portata avanti dai difensori di "internet total free" e, sicuramente concettualmente giusta, risulta però insostenibile.
E qualcosa già si muove visto che non solo il sito del New York Times dal primo gennaio 2011 sarà a pagamento, ma anche gli editori italiani recentemente hanno ottenuto una piccola rivincita su Google News, accusato sia di avere un impatto negativo sulla capacità degli editori online di attrarre utenti e investimenti pubblicitari sulle proprie homepage, che di non corrispondere alcuna forma di remunerazione diretta per l'utilizzo dei contenuti delle testate on-line.
Infine, sempre restando nell'ambito del gratuito, si è visto come in rete ci sia addirittura la possibilità di non comprare i quotidiani attraverso l'aggiornamento delle rassegne stampa. Ne è un esempio il sito della Camera dei Deputati che illegalmente inserisce le prime pagine dei giornali senza pagare gli editori. Ma il copyright allora?
Ah già, è solo una legge.

sabato 15 maggio 2010

Copie diffuse/vendute e utenti web

La logica di un giornale on-line è quella di non penalizzare la versione caracea anzi, la prima regola è quella di aumentare il numero dei lettori e degli utenti senza penalizzare le vendite in edicola e gli abbonamenti.

Il calo risulta comunque inesorabile e costante, aggravato dalla crisi economica e dagli editori che hanno fatto la cosiddetta "pulizia", ovvero han tolto le copie gratuite ad es: nelle scuole.

A risentirne maggiormente sono state più le testate nazionali che quelle provinciali, ancora forti di un sentito radicamento territoriale e con versioni web decisamente meno ricche dei quotidiani nazionali.

Sul sito Accertamenti Diffusione Stampa (Adsnotizie.it) tramite registrazione è possibile avere accesso ai dati che riguardano le copie vendute e diffuse dei quotidiani italiani, fornite direttamente dagli editori e divise per periodo.

Nel periodo Aprile 2009 - Marzo 2010 il quotidiano più diffuso e venduto è stato Il Corriere della Sera con una tiratura media di 656.953 copie, una diffusione media di 511.937 copie e una resa 143.983 copie per un totale di 455.388 copie vendute.
Al secondo posto troviamo la Repubblica con una tiratura media di 604.689 copie, una diffusione media di 469.804 copie, una resa di 134.616 copie per un totale di 427.782 copie vendute.
Il terzo posto per quanto riguarda la diffusione spetta a E Polis con una tiratura media di 446.555 copie, una diffusione media di 438.564 copie, una resa di 7.911 copie e una vendita esigua di sole 1.712 copie e ben 436.852 copie gratis. Al terzo posto per copie vendute invece troviamo l'edizione del lunedì della Gazzetta dello Sport con una tiratura media di 568.056 copie, una diffusione media di 402.378 copie, una resa media di 164.589 copie e un totale di copie vendute che ammonta a 367.244.

Per meglio comprendere i dati Adsnotizie.it propone un utilissimo glossario. Questo è il link: www.adsnotizie.it/glossario/index.php.

Per quanto riguarda i dati relativi agli utenti web previa registrazione Audiweb propone la seguente analisi:

Internet Audience, maggio 2010
Popolazione (.000) 54.745
Utenti connessi a Internet (.000) 34.7999
Utenti attivi nel mese (.000) 23.802
Tempo speso nel giorno medio per persona (h:m) 1:32
Pagine viste nel giorno medio per persona 171

Sintesi dati maggio 2010


  • Guida la classifica MSN/WindowsLive/Bing con 4.919.142 utenti, 57.357.000 pagine visitate e 15 minuti e 29 secondi come tempo speso dall'utente.
  • Segue Virgilio con 2.720.939 utenti, 39.325.ooo pagine visitate e 06:15 come tempo speso dall'utente.
  • Poi abbiamo Libero con 2.585.056 utenti, 71.960.000 pagine visitate e 10:48 come tempo spaso dall'utente.
  • Yahoo! con 2.237.436 utenti, 34.519.000 pagine visitate e 07:28 come tempo speso dall'utente.
  • La Repubblica con 1.198.186 utenti, 11.660.000 pagine visitate e 06:26 come tempo speso dall'utente.
  • Il Corriere della sera con 996.954 utenti, 8.884.000 pagine visitate e 05:54 come tempo speso dall'utente.

Da notare che i dati si riferiscono solo alle Costum Property, Parent e Brand dei Publisher iscritti ad Audiweb.

giovedì 13 maggio 2010

"La tecnologia crea il mercato"

Informatica Applicata al Giornalismo - III lezione

E' con questa massima, lapidaria quasi quanto il famoso "The medium is the message" di McLuhaniana memoria, che si apre la terza lezione del professor Alfonso.
Ebbene sì, continuando l'analisi di la Repubblica.it non si può non notare quanto ci sia poco di veramente giornalistico e quanto sia la fruibilità, invece, ad attirare l'utente.
Difatti si può arrivare ad affermare che la professione giornalistica sul web non esista. La scrittura autonoma per il redattore web risulta sempre più un tabù visto che quasi tutti gli articoli sono un semplice copia e incolla di note d'agenzia. Eppure questo sembra non interessare i milioni d'utenti dei giornali on-line, affamati esclusivamente di semplice informazione (meglio ancora se sintetica e scevra di quelle "belle parole" del giornalismo di un tempo). Ecco allora che le redazioni dei quotidiani digitali si riducono al minimo: la Repubblica.it vanta 45 fra giornalisti e tecnici mentre il Corriere della Sera.it ne annovera addirittura solo 20.
Ma se così è, viene da chiedersi: da cosa sono attirati quei 12 milioni di utenti che frequentano mensilmente i due maggiori quotidiani on-line? Sicuramente dalla multimedialità, resa possibile, oggi, da tecnologie ormai diffusissime in grado di supportare gallerie fotografiche, video e tv via web.
Solo qualche anno fa mancavano sia la capacità di banda che la possibilità di scaricare i contenuti web in un luogo diverso dal PC: ora ci sono smartphone e I-pad in grado di farti sentire costantemente "tutto intorno a te", come recitava lo slogan di una nota pubblicità.
Pubblicità che, se fin dai tempi più antichi costituiva la principale fonte di guadagno di un giornale (ovviamente cartaceo) ora regna sovrana in quelli digitali. Basti pensare che tutte le icone redazionali poste nella barra al di sotto della testata pullulano di pubblicità, riducendo notevolmente, così, gli spazi giornalistici. E se nel cartaceo la pubblicità era o a pagina intera o a fondo pagina, sui quotidiani on-line ci si può sbizzarrire e, difatti, la troviamo ovunque: persino a cavallo degli articoli, tanto che, a volte, risulta perfino difficile (e questo vale purtroppo anche per la Repubblica.it) distinguere ciò che è redazionale da quanto, invece, risulta essere un semplice messaggio pubblicitario.
E' dunque la tecnologia che fa il mercato.
Ne è una dimostrazione il recentissimo restyling del sito di Repubblica, sito completamente proiettato al multimediale e alle nuove tecnologie, tanto da avere uno sviluppo orizzontale in modo da renderne più agevole la fruizione attraverso l'I-phone.
Discorso diverso per il secondo giornale on-line italiano: il Corriere della Sera.it, molto meno diretto di la Repubblica.it, molto più didattico (con percorsi che portano alle icone) e caratterizzato da uno sviluppo verticale e lunghi abstract che richiedono tempo all'utente. Troppo tempo per l'utente del web.

mercoledì 12 maggio 2010

David di Donatello tra memoria e polemiche

Forse non è un caso che i David di Donatello, tradizionalmente considerati gli Oscar del cinema italiano, quest'anno siano andati a due film che, per quanto assai diversi fra loro, mettono comunque il dito nella piaga del periodo più buio della storia recente del nostro paese. Otto i premi a "Vincere" di Marco Bellocchio, sulla drammatica vicenda del figlio segreto di Benito Mussolini e uno, il più importante (Miglior Film) a " L'uomo che verrà" di Giorgio Diritti, che racconta, attraverso gli occhi di una bambina, la strage nazista di Marzabotto. Storia e memoria dunque in primo piano nella 54esima edizione dei David di Donatello, ma a caratterizzare la serata all'Auditorium della Conciliazione di Roma sono state soprattutto le polemiche per i tagli indiscriminati alla cultura messi in atto dal governo. E' Stefania Sandrelli a farsi portavoce della protesta leggendo una lettera del movimento "Centoautori" contro i drastici tagli al FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo che dovrebbe finanziare il cinema italiano ma che allo stato attuale, invece, non garantisce neanche la realizzazione delle produzioni in cantiere.
E dopo le polemiche la delusione, quella di due grandi registi: Paolo Virzì, che con la commovente commedia (data per super favorita) "La prima cosa bella" porta a casa solo tre premi a fronte di ben diciotto nomination e Giuseppe Tornatore, che, già scottato dalla mancata candidatura all'Oscar del suo "Baarìa ", è costretto ad accontentarsi di due soli David, uno per le musiche, merito dell'amico Ennio Morricone e uno speciale assegnato dai giovani.

martedì 11 maggio 2010

Vincitori premi David di Donatello 2010

Miglior Film
L'UOMO CHE VERRA' di Giorgio DIRITTI
Miglior regista
Marco BELLOCCHIO per il film VINCERE
Miglior regista esordiente
Valerio MIELI per il film DIECI INVERNI
Miglior sceneggiatura
Francesco BRUNI -- Francesco PICCOLO -- Paolo VIRZI' per il film LA PRIMA COSA BELLA
Miglior produttore
Aranciafilm (Simone Bachini, Giorgio Diritti) -- RAI CINEMA per il film L'UOMO CHE VERRA'
Miglior attrice protagonista
Micaela RAMAZZOTTI per il film LA PRIMA COSA BELLA
Miglior attore protagonista
Valerio MASTANDREA per il film LA PRIMA COSA BELLA
Miglior attrice non protagonista
Ilaria OCCHINI per il film MINE VAGANTI
Miglior attore non protagonista
Ennio FANTASTICHINI per il film MINE VAGANTI
Miglior direttore della fotografia
Daniele CIPRì per il film VINCERE
Miglior musicista
Ennio MORRICONE per il film BAARìA
Migliore canzone originale
"BACIAMI ANCORA" - Musica di JOVANOTTI, SATURNINO CELANI, RICCARDO ONORI - Testi di JOVANOTTI - Interpretata da JOVANOTTI per il film BACIAMI ANCORA
Migliore scenografo
Marco DENTICI per il film VINCERE
Miglior costumista
Sergio BALLO per il film VINCERE
Miglior truccatore
Franco CORRIDONI per il film VINCERE
Miglior acconciatore
Alberta GIULIANI per il film VINCERE
Miglior montatore
Francesca CALVELLI per il film VINCERE
Miglior fonico in presa diretta
Carlo MISSIDENTI per il film L'UOMO CHE VERRA'
Migliori effetti speciali visivi
Paola Trisoglio e Stefano Marinoni per VISUALOGIE per il film VINCERE
Miglior documentario di lungometraggio
LA BOCCA DEL LUPO di Pietro MARCELLO
Miglior cortometraggio
PASSING TIME di Laura BISPURI
David speciale
Tonino GUERRA -- Terence HILL -- Bud SPENCER -- Lina WERTMULLER
David Giovani
BAARìA
Miglior film dell’unione europea
IL CONCERTO di Radu MIHAILEANU
Miglior film straniero
BASTARDI SENZA GLORIA di Quentin TARANTINO