martedì 29 giugno 2010

"Forza e onore" Robin Hood

Titolo:Robin Hood
Sceneggiatura: Brian Helgeland
Produzione: Universal Pictures
Genere: azione, avventura
Paese: GB, USA
Anno: 2010
Durata: 148'

Non ci sono le nebbie e le atmosfere fumose in stile videoclip anni Ottanta del Robin Hood di Kevin Reynolds nè tantomeno le battute dissacranti dell'uomo in calzamaglia di Mel Brooks o la scanzonata allegria del cartoon Disney. Nel Robin Hood di Ridley Scott quello che manca è proprio lui, Robin Hood. Non c'è Robin Hood ma c'è Robin di Longstride: c'è l'uomo prima di diventare leggenda.
Dimentichiamoci allora l'immagine del prode arciere che ruba ai ricchi per dare ai poveri, dimentichiamoci l'immagine classica di Lady Marian, nobile e indifesa e dimentichiamoci anche della foresta di Sherwood.
Quello che ci chiede Scott è di cambiare prospettiva.
Si lascia la dimensione favolistica e romantica della tradizione per immergersi in quella realistico-avventurosa e seguire l'epica trasformazione di un uomo, che, cresciuto senza padre e partito alla volta della Terrasanta per combattere al fianco di Riccardo Cuor di Leone, una volta tornato in patria si batterà strenuamente per difendere le proprie origini e quelle di un'intera nazione, bloccando l'invasione francese e facendo rivivere i principi della Carta della Foresta, una Magna Charta ante litteram capace di ridare speranza ad un popolo diviso e vessato dalla tirannia. Ma i tempi non sono ancora maturi per porre fine al diritto divino dei re e così da idolo delle folle, Robin di Longstride verrà dichiarato fuorilegge, si rifugerà nella foresta di Sherwood e diventerà
Robin Hood, la leggenda.
Se tutta la cinematografia precedente sul tema va archiviata per potersi accostare liberamente a questo nuovo Robin Hood, è di un film in particolare che si sente l'eco: Il Gladiatore. Evidenti i punti di contatto.
A dieci anni dall'uscita del kolossal che valse l'Oscar a Russel Crowe, Ridley Scott tenta l'operazione fotocopia. Stesso richiamo alla libertà quale valore supremo da perseguire anche a costo della vita, stesso carisma del protagonista (emblema di coraggio e onestà) e stessa centralità delle battaglie, cruenti trait d'union indispensabili al procedere della trama.
Sorprendentemente anche il modo di combattere è il medesimo. Robin Hood in quasi tre ore di film scocca tante frecce quante sono le dita di una mano. L'arciere più famoso del mondo lascia arco e faretra per impugnare spade, asce, mazze e bastoni. La scena della battaglia finale sulle coste inglesi, poi, oltre a richiamare alla mente le immagini del ben più recente sbarco in Normandia, risulta incredibilmente identica alla scena iniziale de Il Gladiatore dove Massimo Decimo Meridio/Robin Hood incita l'esercito in sella ancora una volta ad un cavallo bianco e brandendo la consueta spada. Mancava solo il grido "forza e onore" e poi il deja-vu era perfetto.
Similare è anche il modo di porsi nei confronti dell'universo femminile, un avvicinamento graduale e rispettoso che evita scene esplicite, risultando comunque sensuale. Rispetto ad Augusta Lucilla molto più spazio è dedicato a Lady Marian, una lady però che sembra quasi un sir, immersa com'è nel fango della campagna inglese, preoccupata della buona riuscita del raccolto e pronta a difendere con arco e frecce le sue terre e la sua patria scendendo addirittura in battaglia al fianco dell'ormai suo Robin Hood. Una figura, quindi, che contrasta nettamente con la tradizione e che risulta a tratti poco credibile, nonostante l'interpretazione della brava Cate Blanchette.
Ma se il film, nel complesso, appare scorrevole e avvincente, come un buon film d'avventura deve essere, è senz'altro merito di Russell Crowe , intenso e appassionato, capace con uno sguardo di trafiggere l'anima dello spettatore.

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