giovedì 29 aprile 2010

"La rete non può mentire"

Informatica Applicata al Giornalismo - II lezione

Ecco un'affermazione che ai più sembrerà paradossale. E invece no, è proprio il succo di quanto emerso durante la seconda lezione del professor Alfonso.
Constatato che anche il giornalismo tradizionale è sempre più innervato di tecnologia (basti pensare all'impaginazione elettronica, alla raccolta e all'invio dei dati sottoforma di file o, ancora, alla diffusione di una filiera digitale basata sul sistema dei codici a barre per controllare la distribuzione delle copie) è il giornalismo digitale ad attirare un numero sempre maggiore di lettori. Se ormai solo un decimo degli italiani si informa attraverso i quotidiani, ben undici milioni sono invece i frequentatori giornalieri delle rete. Ma come si recuperano le informazioni attraverso il web? Un modo semplice e veloce, come dimostrato anche a lezione, è quello di usare i cosiddetti aggregatori di notizie come googlenews o italianews. Esempi perfetti di come in rete si possa trovare una moltitudine di notizie, molte delle quali appaiono, però, replicate: l'una la fotocopia dell'altra. Ciò che cambia è l'agenzia o la testata che le pubblica. Spetta allora all'utente scegliere quale "versione" leggere, dando più fiducia ad una fonte piuttosto che a un'altra.
Il preconcetto comune che vede nel web l'habitat perfetto per il proliferare di "bufale" viene smentito, così, dalla rete stessa, talmente vasta da non poter mentire. Infatti l'utente può sempre, in qualsiasi momento, verificare quanto gli viene proposto.
Il vero problema del giornalismo digitale è invece quello di essere schiavo di un continuo aggiornamento. Tutto deve essere in tempo reale e per esserlo i testi vengono ridotti al minimo. Più si è sintetici più si è veloci. Oggi l'importante è avere l'informazione, il come usarla viene in seguito. Tanto che spesso le notizie sono semplici note d'agenzia, pubblicate direttamente senza neanche modificare il titolo pur di sbaragliare l'agguerritissima concorrenza. Ecco che allora il vero giornalista non è più quello che si consuma le scarpe, come si diceva un tempo, ma quello che si consuma i polpastrelli: su una tastiera, ovviamente.

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